È ormai evidente a tutti che tra i principali problemi delle auto elettriche (e ibride) vi sono i lunghi tempi di ricarica delle batterie e la scarsa diffusione di punti di ricarica.
Mentre però l’installazione di colonnine di ricarica sul territorio è un problema relativamente facile da risolvere, non altrettanto può dirsi per i tempi di ricarica.
Le migliori tecnologie oggi consentono di ricaricare in 60-75 minuti un veicolo elettrico, aggiungendo da 200 a 350 km di autonomia.
La vera rivoluzione sta qui.
Avere la possibilità di ricaricare le batterie per consentire tragitti di 400-500 km in un tempo ridottissimo di 5 o 10 minuti, sarebbe la vera soluzione al problema della diffusione delle auto elettriche.
In particolare questo è l’obiettivo che si è dato l’ingegnere meccanico Chao-Yang Wang e il suo gruppo di lavoro della Penn State University.
“Stiamo lavorando per caricare una batteria per veicoli elettrici ad alta intensità energetica in 5 minuti senza danneggiarla” è quanto affermato da Wang.
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“La ricarica rapida è la chiave per permettere una vasta diffusione delle auto elettriche – ha spiegato Wang – oltre alla ricarica rapida questo progetto permette di limitare il tempo di esposizione della batteria alle alte temperature di ricarica, generando un ciclo di vita lungo”.
Come si è giunti a ricaricare rapidamente le batterie in 10 minuti
Nel corso del 2016 Chao-Yang Wang (che occupa la cattedra di ingegneria chimica presso l’ateneo della Pennsylvania) ed il suo gruppo avevano pubblicato i primi risultati di ricerche sul miglioramento delle prestazioni della ricarica in condizioni di bassa temperatura.
Questo è tradizionalmente un contesto non ideale per ottenere le migliori prestazioni nelle operazioni di immissione di energia nelle celle. Ma grazie a una modifica alla costruzione della cella che prevede l’inserimento di una sottile lamina metallica di nickel, la cella si auto-riscalda velocemente in meno di 60 secondi.
Quando il riscaldamento della lamina porta la temperatura interna della cella al di sopra della temperatura ambiente, l’interruttore si apre e la corrente elettrica fluisce nella batteria per caricarla rapidamente.
Chao-Yang Wang basandosi su questa intuizione ha fondato una startup, la “EC Power”, per sviluppare una batteria chiamata ACB (All-Climate-Battery).
Le possibilità di migliorare le prestazioni delle ricariche in condizioni tipicamente invernali hanno anche indotto l’industria cinese CiticGuoan MGL Power Science and Technology Co. Ltd. a stringere un accordo di licenza con EC Power per creare batterie in grado di lavorare anche a -30°: le temperature a cui si troveranno alcuni veicoli elettrici in azione ai Giochi Olimpici invernali che la Cina ospiterà nel 2022 e che saranno dotati di batterie con la tecnologia ACB.
Dal freddo al caldo
Nel frattempo Wang e i ricercatori della Penn State University sono andati avanti sulle loro ricerche e dal miglioramento della ricarica in condizioni di bassa temperatura, sono passati a studiare il problema della ricarica ad alta temperatura.
In condizioni di elevata temperatura il problema principale è la formazione di placche che limitano la capacità e vita della cella,, soprattutto quando si procede a ricariche con potenze elevate ad esempio da 350/400 kW e con alte temperature esterne.
I ricercatori si sono messi al lavoro ipotizzando una situazione opposta: riscaldare rapidamente la temperatura ad un livello tale da impedire la formazione di placche.
Il gruppo ha messo alla prova celle commerciali impiegate da auto ibride, modificandole con l’inserimento di lamine di nickel per consentire il pre-riscaldamento in meno di mezzo minuto.
La rapidità di riscaldamento dell’elettrodo consente secondo i ricercatori un flusso di ioni verso l’elettrodo negativo senza dare il tempo al processo di formazione di placche.
Le celle sono state quindi ricaricate a 40°, 49° e 60°C e raffreddate con varie opzioni di tempi, mentre una batteria veniva usata come parametro con ricarica a 20°.
In quest’ultimo caso queste celle potevano mantenere una ricarica rapida solo per 60 cicli prima che iniziassero a crearsi le prime formazione di placche.
Invece riscaldare l’elettrodo alla temperatura più alta, ovvero 60°, ha consentito alla batteria di affrontare fino a 2.500 cicli senza il verificarsi di processi di rivestimento di litio sugli elettrodi, un risultato che corrisponde a 14 anni di vita di una batteria (la maggior parte delle case auto oggi offre garanzia per 8 anni).
Questi risultati sembrano rovesciare la convinzione consolidata che le batterie non debbano essere caricate ad alte temperature per evitare il loro degradarsi.
Invece suggeriscono che per la ricarica rapida sia favorevole un breve picco: secondo questo studio una decina di minuti ai quali far seguire un rapido raffreddamento che, sostengono i ricercatori, non richiederebbe particolari dispositivi aggiuntivi rispetto alle celle standard.
Prossimo obiettivo: ricarica in 5 minuti
Wang ha anche sottolineato che ora il gruppo si dedicherà alla ricerca su una batteria in grado di ricaricarsi in cinque minuti. Per quel traguardo la struttura di auto-riscaldamento basata sulla lamina di nickel non sarà sufficiente, ma dovranno essere trovati elettroliti molto stabili e nuovi materiali attivi.
Facciamo due conti: con la ricerca appena pubblicata Chao-Yang Wang e i suoi collaboratori hanno puntato l’obiettivo di ottenere 320 chilometri di autonomia in 10 minuti di ricarica.
Dimezzare il tempo e portarlo a 5 minuti significa lavorare su aspetti costruttivi della cella. Infatti, dal punto di vista dell’imput di corrente, 320 chilometri in 10 minuti corrispondono a 1920 chilometri/ora. Dividendo questo valore per 4,8 chilometri/kw otteniamo una potenza di 400 kW.
Questo vuol dire che per ottenere il risultato di caricare in 5 minuti la batteria per avere una autonimia di 320 km occorre che le colonnine di carica inviino corrente a 400kwh.
Purtroppo questo oggi non è possibile, le migliori stazioni di erogazione di energia arrivano a 350 kw, e sono comunque molto rare e costose. E comunque nel breve periodo potranno si diffondersi, ma difficlmente assisteremo ad una impennata della potenza erogata.
Ecco perché si dovrà lavorare su qualcosa di alternativo che riguardi le celle stesse.
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